giovedì 17 settembre 2015

‘Il becchino del capitalismo’ (Marx, Grundrisse) e il suo utilizzo politico - Parte XVII - Recensione del libro "Gli algoritmi del capitale" (curato da Matteo Pasquinelli) - Tratto da «Moneta, rivoluzione e filosofia dell'avvenire» (Rizosfera/Obsolete Capitalism Free Press, 2016)



‘Il becchino del capitalismo’ (Marx, Grundrisse) e il suo utilizzo politico


Parte XVI - Recensione del libro "Gli algoritmi del capitale" 

(curato da Matteo Pasquinelli)


Tratto da «Moneta, rivoluzione e filosofia dell'avvenire»
(Rizosfera/Obsolete Capitalism Free Press)

di Obsolete Capitalism

Il valore della caduta tendenziale del saggio di profitto risiede, dunque, nel suo utilizzo politico e, in particolare, nell'essere il cuore dell'analisi marxiana sul futuro del capitalismo, considerato transeunte, un momento di transizione storico all'interno di una vettorialità comunista. Marx, nei suoi drafts dei Grundrisse considera questa ‘legge’ come il becchino definitivo del capitalismo; nel Capitale questa legge diventa ‘tendenza’, non più una legge inevitabile, grazie alle contro-tendenze che si attivano durante la crisi, portando l’effetto ‘gravedigger’ terminale nel lunghissimo periodo. Equazione, o legge, o tendenza, la caduta tendenziale del saggio di profitto in Marx rimane centrale. Ma questo cuore marxista ottocentesco, sia aspettativa messianica che cogito escatologico secolarizzato, elaborato in un contesto di grande sviluppo industriale non più proponibile, ci è utile nel XXI secolo? E, soprattutto, era questo cuore marxista ottocentesco che veniva utilizzato da Deleuze e Guattari come impetus generativo e ordine direzionale del processo accelerato del collasso capitalista? Su questo punto controverso, Christian Kerslake (Marxism and Money in Deleuze and Guattari, 2015), acuto scholar deleuziano, suggerisce che il fulcro dell’analisi presente in Anti-Edipo rifletta l’influenza delle teorie della De Brunhoff e di Schmitt sulla moneta e sui flussi del capitalismo finanziario. Per Deleuze e Guattari il cuore del capitalismo globale, la macchina civilizzata, sono divenuti la moneta e i flussi del capitale grazie al ruolo egemonico di snodo, controllo e regolazione dei flussi monetari di banche commerciali e banche centrali, per recuperare e stabilizzare la crisi delle economie di mercato. Non già la produzione, il lavoro vivo, la composizione organica del capitale e la caduta tendenziale del saggio di profitto sono centrali per il capitale post-1945 del XX e XXI secolo, bensì la gestione della monetarizzazione del sistema economico come fattore cruciale negentropico del sistema. Già il riferimento a Nietzsche, e non a Marx, dovrebbe far riflettere gli accelerazionisti e gli estensori di 'Gli algoritmi del capitale' su questo singolo punto controverso ma, allo stesso tempo, cruciale e qualificante. Per terminare il discorso sulla 'portata storica' della caduta tendenziale del saggio di profitto, va ricordato che essa, definita da Marx 'la sintesi delle contraddizioni del modo di produzione del capitale', fomentò una prima ondata di «catastrofismo marxista» già negli anni novanta dell'Ottocento e il movimento operaio e sindacale italiano faticò non poco per demistificare quel mix fatale di determinismo economico, pensiero messianico e suggestione oracolare. Ci chiediamo: può essere accelerazionista riprendere questa concezione dell'equazione marxiana, e il suo sub-prodotto, il «catastrofismo marxista», già superata da marxisti e socialisti italiani più di cento anni or sono? Vogliamo ritornare ai tempi del dibattito pro e contro le assiomatiche marxiste di Benedetto Croce per l'Accademia Pontaniana?

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