giovedì 2 febbraio 2012

Pierandrea Amato - Tecnica e potere. Saggi su Michel Foucault (Mimesis, It, 2008) § Ontologia e storia. La filosofia di Michel Foucault (Carocci, It, 2011)



In una celebre intervista concessa al settimanale tedesco “Spiegel” e pubblicata dopo la sua morte, Heidegger asseriva: “È per me oggi un problema decisivo come si possa assegnare un sistema politico – e quale – all’età della tecnica”.
Componendo riflessione filosofica ed esperienza politica questo studio si dipana attraverso l’analisi di una nozione che per molti versi prolunga nel dibattito teorico attuale, lasciandola ampiamente irrisolta, la questione decisiva aperta dall’inchiesta heideggeriana. Espressione per molti versi sintetica del rapporto tra alterazione biotecnologica dell’umano e crescente ingovernabilità delle dinamiche sociali veicolate dal sistema della tecnica, la categoria di “bio-politica” si presenta come indice di un problema non ulteriormente rinviabile: quale politica risulta adeguata all’età della provocazione e della costante destabilizzazione? 
L’autore tenta una risposta non convenzionale a questo interrogativo allestendo uno scenario analitico in cui le traiettorie più significative del pensiero contemporaneo convergono nel delineare un’esperienza inedita del politico e un’esigenza di ripensamento dei suoi modi d’essere. Attraverso un confronto serrato con il programma filosofico di Michel Foucault e con i momenti topici della sua genealogia del politico – dispositivi disciplinari e arti di governo, economia politica e sovranità, eccezione e norma, resistenza e pastorato, pianificazione sanitaria e genocidio – il libro si presenta come un’indagine sul nesso tra natura umana e potere nell’epoca della sollecitazione tecnologica del vivente. La possibilità di pensare una simile esperienza rende indispensabile – come suggerisce l’autore – rileggere l’operazione teorica foucaultiana nella piega dell’antropologia filosofica del Novecento, ricollocandola così in quella apertura praticata da Kant nella filosofia occidentale, e da lui stesso subito richiusa nella questione antropologica – un enigmatico doppio movimento assunto da Foucault come termine di riferimento costante ed intransitabile di quella “ontologia del presente” verso cui confluiscono tutte le sue linee di ricerca.



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Il volume è una ricognizione approfondita della fase del pensiero di Michel Foucault che va sotto il nome di "archeologia". L'archeologia si occupa essenzialmente del legame che si stabilisce tra il sapere e il potere nella modernità; in particolare, sfata l'idea che la nascita della scienza sperimentale sia una forma di sapere neutrale e dimostra, al contrario, che il discorso scientifico è integralmente condizionato da esigenze legate all'esercizio del potere. Questo quadro analitico, condotto facendo costante riferimento all'ambiente storico-culturale in cui fiorisce la ricerca di Foucault (lo strutturalismo francese) e ad alcune figure capitali della filosofia moderna (Cartesio, Kant, Husserl, Heidegger), ruota intorno a una tesi innovativa: la riflessione foucaultiana degli anni Sessanta è un tentativo stratificato di nodi concettuali concepito per salvaguardare la filosofia nella sua propria storia in opposizione all'idea che il nostro tempo sia l'epoca della fine della filosofia. Per questo obiettivo Foucault allestisce un'ontologia della storicità fondata sull'impiego paradossale dell'a priori declinato in un senso temporale e una complessa indagine linguistica del discorso positivo che lo considera in quanto tale una pratica.


(Carocci, Roma, 2011)

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