mercoledì 10 febbraio 2016

4.10. Riproduzione infinita della moneta e del credito - Parte XL Tratto da «Moneta, rivoluzione e filosofia dell'avvenire. Nietzsche e la politica accelerazionista in Deleuze, Foucault, Guattari, Klossowski» (Rizosfera/Obsolete Capitalism Free Press, 2016)

Riproduzione infinita della moneta e del credito

4.10. - Parte XL

Tratto da «Moneta, rivoluzione e filosofia dell'avvenire. Nietzsche e la politica accelerazionista in Deleuze, Foucault, Guattari, Klossowski» (Rizosfera/Obsolete Capitalism Free Press, 2016)


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Se la moneta è riproduzione infinita di un processo di quantità astratte, possiamo allora pensarla come il software di un hardware, la crematistica digitale, che ha già introiettato nella nostra epoca la sua natura metamatica, e viaggia spedita all’interno di reti digitali, in una circuitazione superiore artificiale e  oltreumana. La moneta, già nell’Anti-Edipo ma ancor di più oggi, è un’astrazione decodificata che somma valore, ordine, numero, calcolo, distribuzione e velocità. Per una sinistra, e un movimento rivoluzionario che, ancora nel 1972, in modi convulsi e confusi, fanno riferimento all’area dell’«umanesimo marxista», lo spostamento dell’asse della teoria critica dal mondo della produzione e dell’industria al mondo del processo e della moneta-credito è stato a lungo contrastato, se non apertamente rifiutato. Il cambio di paradigma, però, ha già sprigionato effetti e raggiunto una sua massa critica non più interrompibile. La riproduzione infinita di moneta liquida nel circuito mondiale è pervenuta al suo attuale picco accelerato grazie al ruolo di immissione costante e insufflamento coordinato e puntuale da parte della rete mondiale delle Banche Centrali. La moneta infinita, dunque, ha i suoi circuiti di riproducibilità perpetua mercantile, che chiameremo «relativi», e i suoi circuiti di riproducibilità perpetua finanziaria, che chiameremo «assoluti», gestiti da reti istituzionali globali sovra-nazionali. Sarà necessario ripartire da qui, da questo asse Nietzsche-Klossowski-Deleuze e, in generale, dalla rizosfera rivoluzionaria francese, per affinare strumenti e analisi capaci di incidere nel reale delle formazioni di sovranità gregarie. Certamente il lavoro aggressivo e polemico di Deleuze e Guattari nel periodo dell’Anti-Edipo ha avuto il grande merito di individuare sul nascere la faglia sistemica in fase di slittamento, incrinamento, e poi di rottura - la grande asimmetria storica tra moneta-infinito, credito-mobile e capitale-fisso - che ha portato le economie di mercato, non senza grandi e brusche crisi di transizione, dal mondo industriale quantitativo pianificato al mondo cibernetico-creditizio-finanziario post-produttivo. Non solo, ma uno dei meriti maggiori dell’Anti-Edipo è di aver teorizzato, a partire dalle prospettive di Nietzsche e Foucault, l’infinito monetario e creditizio. Se il «creditore infinito» è da ricondurre alla «nuova memoria collettiva» formulata da Nietzsche nella Genealogia della morale, e riguardante il “debito (...) questo straordinario composto della voce parlante, del corpo marcato e dell’occhio che gode”, la «moneta infinita» è da mettere in relazione alle Lezioni sulla volontà di sapere di Foucault del febbraio 1971. Il «creditore infinito» è certamente, per Nietzsche, il Dio dei cristiani e il debito, nelle società arcaiche come nelle mercantili, svolge la funzione di “drizzare l’uomo, (...) formarlo nella relazione creditore-debitore che, da ambo le parti, viene ad essere un affare di memoria (una memoria tesa verso il futuro)” (AE, 214). La «moneta infinita», per il Foucault del 1971, nasce invece dalla crematistica artificiale, innaturale “che mira solamente all’acquisizione di moneta per se stessa, e di conseguenza in quantità infinite. Essa si poggia sullo scambio” (LVS, 160). Deleuze e Guattari riprendono il tema dell’infinito nell’Anti-Edipo, facendo proprie le tesi del filosofo di Poitiers: “L’abolizione dei debiti, quando ha luogo - si riferiscono a Solone, legislatore di Atene (LVS, 143) - è un mezzo per mantenere la ripartizione delle terre, e per impedire l’entrata in scena d’una nuova macchina territoriale, eventualmente rivoluzionaria e in grado di porre in tutta la sua ampiezza il problema agrario” (AE, 221). Subito dopo, il riferimento va a Cìpselo, tiranno di Corinto: “In altri casi ove avviene una ridistribuzione nella nuova forma instaurata dallo Stato, la moneta, il ciclo dei crediti viene mantenuto” (AE, 221). Ma, in modo più profondo, Deleuze e Guattari, rifacendosi agli studi foucaultiani sulle tirannidi greche, possono affermare che “il danaro, la circolazione del danaro, è il modo per rendere il debito infinito. (...) Il creditore infinito, il credito infinito ha sostituito i blocchi di debito mobili e finiti. C’è sempre un monoteismo all’orizzonte del dispotismo: il debito diventa debito d’esistenza, debito dell’esistenza dei soggetti stessi” (AE, 222). La moneta nell’Anti-Edipo diviene così IL «dispositivo sistemico» del potere per mantenere interminabile il ciclo del credito, così come ci ha tramandato la tirannide corinzia; ma, in modo ancora più pertinente, la moneta contemporanea creata ex nihilo dall’azione congiunta di banche centrali e commerciali, e perciò infinita, è il pre-requisito e la struttura portante di altri infiniti soggettivanti che, sotto l’ombrello double-face del credito/debito, risultano essere il rimborso/esistenza, il dovere/colpa, la crisi/risorsa, la catastrofe/biforcazione. E’ dunque la moneta a essere il fulcro e il perno sul quale il sistema di potere contemporaneo fa aggio per tutte le sue politiche: la moneta ne è l’arma principale, dato il suo rapporto sintetico con il credito-debito che ne diventa la “cinghia di trasmissione” nel mondo creditizio commerciale e istituzionale. Questo paradigma monetario del potere che Foucault fa risalire già al VII secolo a.c. greco, è sfuggito purtroppo ai marxisti, ma non ai rizosferici. A tutt’oggi il lavoro demistificatorio ed esplosivo degli autori anedipici e rizomatici non ha raggiunto quella dimensione di classicità nella nostra cultura occidentale che meriterebbe, essendo ancora operose quelle forze oscure, gregarie - i poteri frenanti - che vogliono mantenere il campo sociale sotto la pressione livellante e omogenea della schiavitù perenne, gregarietà che Nietzsche aveva descritto in modo così appropriato nel frammento accelerazionista dei forti dell’avvenire. L’anti-Edipo, lungi dall’essersi appoggiato a innocui irenismi, continua a generare processi ibridi di energia affermativa e trasformatrice grazie proprio alla sua profonda capacità analitica. Tutto è palese nell’opera a due: “Qui non abbiamo più segreti, non abbiamo più niente da nascondere. Siamo noi ad essere diventati un segreto, siamo noi che siamo nascosti, anche se tutto quel che facciamo avviene in pieno giorno e sotto una cruda luce”  (CO, 51).

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