giovedì 11 febbraio 2016

4.11. Come sfuggire all’assiomatica e far impazzire la macchina moderna immanente? - 4.11. - Parte XLI Tratto da «Moneta, rivoluzione e filosofia dell'avvenire. Nietzsche e la politica accelerazionista in Deleuze, Foucault, Guattari, Klossowski» (Rizosfera/Obsolete Capitalism Free Press, 2016)


Come sfuggire all’assiomatica e far impazzire la macchina moderna immanente?




4.11. - Parte XLI

Tratto da «Moneta, rivoluzione e filosofia dell'avvenire. Nietzsche e la politica accelerazionista in Deleuze, Foucault, Guattari, Klossowski» (Rizosfera/Obsolete Capitalism Free Press, 2016)

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Ecco, dunque, ritornare, sotto il segno del contrasto a Edipo, l’intreccio di moneta e rivoluzione. Se, nell’empirico odierno, le nostre società sono dominate dall’ottimismo economico figlio del positivismo ottocentesco così riccamente analizzato a livello sociologico produttivo da Marx e a livello pulsionale energetico da Nietzsche, e dall’evoluzione processuale cibernetica dei circuiti monetari e creditizi descritta in modo lungimirante da Deleuze e Guattari, quali strategie adottare per sfuggire all’assiomatica mercantile e far impazzire la macchina moderna immanente? Quale rapporto tra moneta e rivoluzione? Passare ancora dal piano organizzativo minuzioso e burocratico figlio della teoria totalizzante “chiavi in mano” che tutto spiega e prevede, secondo rapporti fissi con le forme della Terra e dell’insiemistica umana, oppure scegliere il piano di consistenza pulsionale corrispondente all’energetica oscillante del desiderio, sempre produttiva del reale e dello squilibrio? Tra organizzazione-amministrazione, e caos-creazione, quali livelli di sintesi e innovazione per «cercare e distruggere» e poi ricostruire? Costruire soggetti e identità rivoluzionarie nelle determinazioni di classe o economiche, oppure de-costruire la forma, trovando «vuoto» il soggetto e aumentando la velocità di attivazione del «processo» rivoluzionario dell’irregolare inoperoso, del gruppo non scambiabile e della comunità di singolarità? Eppure, in tutt’altra guisa, come è sembrato paventare Ewald, se un «fatto» ci è stato consegnato dallo sviluppo storico degli anni ‘70 del Novecento in tutta la sua tragica evidenza, questo è stato la «sparizione» della rivoluzione dall’orizzonte sociale, cioè l’inabissarsi dell’insurrezione quale magnete dell’agire politico dall’Illuminismo in poi. Siamo alla Morte della Rivoluzione come evento palingenetico e qualificata rottura creatrice, madre della modernità politica - come sembra paventare il Foucault post-1978 e post-rizosferico, o siamo al divenire rivoluzionario perpetuo come condizione umana ai tempi della post-rivoluzione e delle neo-società di controllo post-capitaliste - come pensano Deleuze e Guattari nel deserto multistrato di Mille Piani? Qualcosa dopo il 1978 è cambiato, i rivoluzionari spettralizzano come beautiful losers, come se la sedizione e il rovescio del desiderio sul tappeto del Reale fossero speculari al declino dell’industria e alla corrosione del capitale storicamente fissato. La prassi produttiva dell’industria e il concetto di rivoluzione-catarsi decadono insieme nell’Occidente, in un mesto e lento crepuscolo. A noi estensori del saggio, l’intreccio «moneta e rivoluzione» posto da Klossowski e Deleuze e da tutta la rizomatica anedipica appare ancora d’estrema attualità, non più nella vulgata ponentina, ma viceversa su scala globale, l’unica oggi possibile. Nella più feroce contemporaneità non si smette di generare moneta e liquidità quanto non si desiste dal divenire rivoluzionari e patologicamente sediziosi, in ogni singolo scenario planetario. Gli avvenimenti quotidiani non mostrano altro. Come ha lucidamente scritto Foucault, il triangolo di «desiderio, valore, simulacro» ci domina ancora, e non riusciamo a scalfirlo né a comprenderlo nella sua terribile efficacia geometrica. Come sfuggire all’assiomatica e far impazzire la macchina moderna immanente: la domanda dell’Anti-Edipo è ancora nostra contemporanea, oggi come ieri. Un parte della risposta, nel quadro dell’evoluzione del rapporto tra tecnologia e liberazione, può certamente nascere e crescere dal confluire di tre specifiche aree della nostra contemporaneità: il cypherpunk, la tecnologia blockchain, e il movimento eterarchico P2P. La nuova alleanza del peer to peer, una evoluzione digitale della logica reticolare anarchica e auto-organizzata della filosofia autonomista della disintermediazione esistenzialista punk, il DIY, il do-it-yourself già post-capitalista nella sua quintessenza. Il quarto pilastro che dovrà accompagnare le tre aree precedentemente indicate, potrà essere la filosofia della rizosfera, o dell’avvenire. La «filosofia dell’avvenire», per ritornare gioiosa e pericolosa, deve abbandonare il ruolo di complicità che si è ritagliata nell’industria del sapere e dell’episteme, e ritornare ad essere viandante, peripatetica, informale - una «gypsy scholarship». Deve sperimentare, fallire, creare: studiare, smontare e rimontare con estrema lucidità, anche se stessa. La gypsy scholarship intesa come pedagogia della libertà e della rivolta, non può però diventare scienza, ingoiata dalle istituzioni: è come la raffica di vento dell’Uomo di Kiev, oppure il bagliore di un momento lungo quasi cent’anni.

( SEGUE QUI )


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