I modi d’espressione delle forze impulsionali
4.5. - Parte XXXV -
Tratto da «Moneta, rivoluzione e filosofia dell'avvenire. Nietzsche e la politica accelerazionista in Deleuze, Foucault, Guattari, Klossowski» (Rizosfera/OCFP, 2016)
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Non sono che poche pagine, ma dense ed enigmatiche come quasi nessun libro pubblicato: La moneta vivente è il testo d’addio di Klossowski alla scrittura - d’ora in poi, 1970, s’occuperà d’altro, traduzioni di testi, esposizioni d’arte: pittura, cinema - e allo stesso tempo è un’introduzione potente all’Anti-Edipo, un incipit anedipico con un differente autore. La moneta vivente crea uno spazio filosofico tutto da decifrare, grazie alla costruzione di un ponte sotterraneo tra le diverse opere e le stazioni di pensiero che costituiscono la Rizosfera rivoluzionaria francese: i frammenti postumi 1887-1888 di Nietzsche (1976), Nietzsche e il circolo vizioso (1969), L’anti-Edipo (1972), Pensiero Nomade (1972), Circulus Vitiosus (1972), Nietzsche, la genealogia, la storia (1971), Lezioni sulla volontà di sapere (1970-1971), Economia libidinale (1974). Il testo klossowskiano rompe, sbreccia, dilaga, distribuisce con poche feconde frasi, ampi squarci di pensiero e possibili direzioni d’indagine che Deleuze, Guattari, Foucault, Lyotard percorreranno poi in modo selvaggio, rapido e produttivo, come «giovani lupi delle rivoluzioni future». Il contesto in cui il paradosso della moneta vivente si articola è quello in cui la «civilizzazione industriale» - termine klossowskiano che ci pare più corretto rispetto al ben più utilizzato «capitalismo» - ha propagato i suoi dannosi effetti a tutta la società contagiandola tramite gli istituti di rettitudine e conformità, il che presuppone di attribuire ai mezzi di produzione una potente capacità d’infezione e quindi d’incisione affettiva nei singoli e nella collettività. Si tratta della stessa società omogenea, livellata, economizzata, scambista e nichilista descritta da Nietzsche nel frammento I forti dell’avvenire. L’asse Nietzsche-Klossowski, dunque, attribuisce alla civiltà industriale livellata una pericolosa capacità produttiva affettiva-infettiva. Foucault, sulla stessa lunghezza d’onda, spiegherà la positività del potere con questa forza argomentativa: “Quel che fa sì che il potere regga, che lo si accetti, ebbene, è semplicemente che non pesa solo come una potenza che dice no, ma che nei fatti attraversa i corpi, produce delle cose, induce del piacere, forma del sapere, produce discorsi; bisogna considerarlo come una rete produttiva, che passa attraverso tutto il corpo sociale, molto più che come un’istanza negativa che avrebbe per funzione solo reprimere” (MP, 13). Deleuze e Guattari sono sulle stesse posizioni e innalzano il livello d’analisi mentre oltrepassano i «tagli» ideologici e psicanalitici: “La distinzione non è qui [tra soggettivo e oggettivo]: la distinzione da fare passa tra l’infrastruttura economica stessa e i suoi investimenti. L’economia libidinale non è meno oggettiva dell’economia politica; e quest’ultima non è meno soggettiva di quella libidinale, benché entrambe corrispondano a due modi di investimento diverso della stessa realtà come realtà sociale“ (AE, 395-396). Se per Marx la struttura è lo scheletro economico della società e la sovrastruttura tutto ciò che ne deriva, Klossowski ne rovescia lo schema e pone, come «infrastruttura ultima», il “comportamento degli affetti e delle pulsioni” (MV, 53). Ne discende, conseguentemente, che “le norme economiche non formano che una substruttura degli affetti e non la finale infrastruttura” e che, ancora più profondamente, “le norme economiche sono, allo stesso titolo delle arti e delle istituzioni morali o religiose, allo stesso titolo delle forme di conoscenza, un modo d’espressione e di rappresentazione delle forze impulsionali” (MV, 53). Come già intuito da Foucault, nella lettera a Klossowski, il triangolo desiderio, valore, simulacro che ci domina, e che ci costituisce da millenni, è già attivo fin dalla nascita della moneta nell’Asia Minore anatolica dell’VIII secolo a.c.; il triangolo è quindi da pensare come forgiatosi nell’abisso dei millenni, poiché il tempo storico in cui la realtà diviene monetata è sicuramente il frutto di un lento processo di trasformazione avvenuto nei secoli, prima di trovare una propria forma nel «globetto di metallo» che si è tramandato sino ad oggi. Nella Frigia, luogo dove la mitologia greca pone il fondamentale passaggio da premoneta a moneta vera e propria, il conio della nomisma ha l’effigie della Dea Moneta, la moglie di Re Mida, Demodice o Ermodice; per Eraclide Lembo, nelle monete cumee emesse dalla regine Ermodice, è il Genio della Moneta a tenere bilancia e cornucopia in mano. Fin dall’inizio, ci suggerisce la mitologia greca, la moneta della giustizia popolare è una concatenazione di sovranità, sacralità, fertilità, equità; e già nell’Antichità c’era chi si levava contro l’«uso indebito» della circolazione dei «globetti di metallo»: Polluce, all’«apogeo dell’ellenismo sotto l’impero romano», critica gli obolastates, i prestatori o pesatori di oboli, e la obolastatein, la pratica di prestare oboli. L’intrecciatura perversa di simulacro, valore e desiderio indicata da Foucault quale geometria esplicativa dell’economia universale è quindi del tutto pertinente all’analisi rizosferica della moneta. Il Klossowski di La moneta vivente suggerisce che economia monetaria e teologia non sono che «travestimenti vicendevoli»: la moneta, fin dall’inizio della civiltà occidentale, è pensata come uno strumento universale rappresentativo di un’economia generalizzata che ha già dentro di sé la «stoffa» astratta del sacro e del sovrano, e quindi del desiderio-volontà di potenza al suo più alto grado. La moneta per Klossowski è il simulacro universale; nella civiltà industriale il mondo della moneta, dopo secoli di giustapposizione, ha sostituito interamente il mondo reale e ne rappresenta in modo distorto il fantasma dominato. Klossowski era già arrivato al concetto di economia universale tramite il Nietzsche scrutatore del Caos dei «passi sull’energia in rapporto alla struttura del mondo»: “In un determinato momento della forza accumulata dalle emozioni si crea anche la condizione assoluta di una nuova distribuzione: dunque una rottura d’equilibrio. Nietzsche concepisce una economia universale che agisce anche nei suoi umori” (NCV [II], 152). Il tratto che unisce Nietzsche e il circolo vizioso (1969) e La moneta vivente (1970) è dunque l’indagine sui simulacri pulsionali che agiscono nell’economia «generalizzata» e universale. Siamo già dentro all’Anti-Edipo, dentro al Nietzsche degli anni ‘80 del XIX secolo, dentro al Foucault degli anni ‘70. Questo è il cuore del nietzscheanesimo rivoluzionario che ha impattato «la strada e la lotta» del ‘68 e del post-1968, energia pura e pronta dinamite per le lotte future: Klossowski sviluppa con grande lucidità il nucleo tematico composto da pulsione, corpo, simulacro, valore, produzione, consumo affermando che “La maniera in cui esse [le forze impulsionali] si esprimono nell’economia e, in ultimo, nel nostro mondo industriale, risponde al modo in cui sono state trattate dall’economia delle istituzioni dominanti. Che questa infrastruttura primaria e ultima si trovi continuamente determinata dalle sue reazioni alle substrutture anteriormente esistenti, ciò è innegabile; le forze in presenza sono quelle che alimentano la stessa lotta tra infrastrutture e substrutture. Dunque, se queste forze si esprimono specificatamente dapprincipio, secondo le norme economiche, generano esse stesse la loro repressione; ma anche, nel contempo, i mezzi per spezzare la repressione che esse subiscono a differenti livelli. Tutto questo avviene fino a quando dura la lotta delle pulsioni che, in un organismo dato, combattono pro e contro la formazione del «supporto», pro e contro la sua unità psichica e corporale. Qui iniziano a formarsi i primi schemi della «produzione» e del «consumo», i primi segni dell’acquistare e del mercanteggiare” (MV, 53-54). Questo è il passaggio chiave dell’intero universo rizomatico: Klossowski mostra in questo nucleo tematico il ruolo «celato» del mondo pulsionale. Data la sua «invisibilità», o la sua interiorità «occultata» in quanto senza sbocchi esterni riconoscibili, il mondo pulsionale si «economizza» all’interno del mondo industriale. Ciò che il mondo industriale consuma è la pulsione alla procreazione, che è una produzione della voluttà del corpo istintuale, etichettandola come merce ma, allo stesso tempo, e in senso contrario, il corpo produce emozioni occulte eccedenti, materia astratta per un «fantasma» - l’entità spettrale che ricorre ossessiva nel pensiero di Klossowski - sul quale agiscono di nuovo come retro-azione le pulsioni. “Non esiste nulla all’infuori degli impulsi essenzialmente generatori di fantasmi. Il simulacro [ il Trugbild nietzscheano ] non è il prodotto del fantasma, bensì la sua ingegnosa riproduzione, ed è in esso che l’uomo trova la capacità di prodursi da sé, nelle forze dell’impulso esorcizzate e dominate” (NCV, 181). E’ a questo livello che, creato il «fantasma», gli istinti e le passioni non sono più disponibili a consumare e cedere il fantasma stesso - vale a dire il produttore di desiderio che si riproduce - ed è attorno a questo punto cruciale che si forma il valore emotivo o altrimenti detto valore libidinale - come afferma Nietzsche, “in luogo dei valori morali solo valori naturalistici” (O, fr. 9 [8] vol. VIII, tomo 2, pg. 6). La traduzione delle forze impulsionali, gli istinti, in “rappresentazioni economiche” del valore emotivo - “l’unico essere che conosciamo è l’essere che ha rappresentazioni” Nietzsche (O, fr.11 [330] vol. V, tomo 2, pg. 454-455) - sarà dunque un simulacro: e quale migliore simulacro l’intreccio di moneta, simulacro essa stessa del valore oggettivo, e di un corpo vivente, simulacro che incarna il fantasma riproduttore? La sintesi del doppio simulacro nell’economia della civiltà industriale è la moneta vivente, un simulacro potenziato dall’emozione che suscita. La «moneta vivente» è dunque l’espressione del valore libidinale iscritto nei corpi. Ciò che la civiltà industriale consuma serializzando - i vari simulacri del «fantasma»: prostituzione, schiavismo sessuale, erotismo, industrie assortite del godimento - dal corpo viene prodotto economizzando. Merce consumata contro valore libidinale. Vale a dire che il corpo si «esterna» valorizzando gli istinti ma, a difesa del suo «fantasma impulsionale» che è il desiderio, si oppone alla meccanizzazione simulacrale dell’economia industriale. Il corpo è il luogo di uno scontro durissimo di forze opposte: produzione sociale contro produzione desiderante. Si possono ottenere due risultati contrapposti da tale scontro: il primo - e purtroppo preponderante sia nella civiltà industrializzata che nella nascente società digitale - è la super-gregarietà dell’individuo, ridotto a mero «supporto» di passioni domate e desideri catturati dalla serializzazione sociale il cui obiettivo è l’unità replicabile nella catena di serie; il secondo, se gli istinti e gli affetti hanno la meglio sulla repressione delle pulsioni, il «supporto» si sovranizza degregarizzandosi. In una fase successiva alla ritrovata sovranità, attraverso la palese auto-organizzazione dei comportamenti, la stessa singolarità si de-soggettivizza rovesciando la propria costituzione di soggetto stabile, aprendosi alla metamorfosi operosa dei desideri e quindi al cambiamento perpetuo e all’inoperosità estrema dei nomadi dell’avvenire.
( SEGUE QUI )
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