martedì 2 febbraio 2016

4.3. Lo xeno-dollaro e la moneta come strumento del potere - Pt. XXXIII - Tratto da «Moneta, rivoluzione e filosofia dell'avvenire. Nietzsche e la politica accelerazionista in Deleuze, Foucault, Guattari, Klossowski» (Rizosfera/Obsolete Capitalism Free Press, 2016)



4.3. Lo xeno-dollaro e la moneta come strumento del potere

Parte XXXIII - Capitolo IV -


Tratto da «Moneta, rivoluzione e filosofia dell'avvenire. Nietzsche e la politica accelerazionista in Deleuze, Foucault, Guattari, Klossowski» (Rizosfera/Obsolete Capitalism Free Press, 2016)

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Agli inizi degli anni Settanta del ’900 il tema della moneta diviene primario all’interno della rizosfera. Grazie al differenziale-moneta, inteso come strumento principale a cui il sistema democratico liberale si rivolge per aggredire, ricomporre e poi regolarizzare le crisi economiche nazionali e internazionali, la comunità rivoluzionaria nietzscheana francese vuole costituire una nuova griglia analitica che riesca a superare la palude ideologica che ancora avvinghia una parte significativa della sinistra tradizionale e della nuova sinistra antagonista. Klossowski consegna alle stampe, come suo addio alle pubblicazioni e alla scrittura, un breve testo, denso ed enigmatico, La moneta vivente (1970), che presenta ai contemporanei più di un interrogativo critico al mondo industriale mercantile e allo strumento moneta, inteso come simulacro del vivente e agente lenitivo degli impulsi umani. Foucault saluta, in una lettera manoscritta all’autore dell’autunno 1970, il libro di Klossowski come «il più grande libro dei nostri tempi». E’ lo stesso periodo in cui, inizio 1971, Deleuze e Guattari freschi della stesura in itinere dell’Anti-Edipo frequentano le lezioni di Foucault al Collège. Il ruolo della moneta «imperiale» - il dollaro statunitense come valuta egemone - all’interno del sistema economico del mondo occidentale è all’apice della tensione e della polemica politica internazionale, così come il regime di cambi fissi di Bretton Woods. Nel dicembre 1969 l’inflazione negli Usa raggiunge il 6%. Nixon, non appena eletto presidente, è investito dalla predizione del proprio staff economico che la moneta americana ha solo due anni di tempo per salvarsi. Il mondo è pieno di xeno-dollari e le casse Usa non riescono a reggere l’aumento della massa monetaria denominata in dollari con il necessario ammontare d’oro teoricamente richiedibile, poiché il dollaro Usa è legato al cambio fisso con l’oro. Il picco della guerra con il Vietnam è raggiunto di lì a pochi mesi, nel 1971, così come le spese militari e il correlato deficit di bilancio. Gli Stati Uniti sono in recessione dal 1970, con la disoccupazione in crescita al 6%. Il problema posto dalla situazione economica interna è senza precedenti: l’inflazione è alta in una fase economica recessiva, anziché disegnare la classica doppia figura di recessione e deflazione, come nel corso della Grande Depressione del 1929. La situazione è pronta a sfuggire di mano. A fronte di una situazione economica imprevedibile, non corrisponde alcuna teoria accademica avente efficacia pragmaticamente accertata; si naviga a vista. Qualsiasi decisione tecnica può determinare parimenti la salvezza o il collasso della leadership commerciale mondiale, proprio nel momento della sfida più alta portata dal movimento comunista internazionale al capitalismo industriale di matrice anglosassone. Con il tramonto precipitoso del sistema monetario di Bretton Woods potrebbe crollare repentinamente la stessa potenza egemonica statunitense uscita vincitrice dalla seconda guerra mondiale. La potenza può cambiare di segno. Lo staff di Nixon si divide tra monetaristi, l’astro nascente Friedman e la Scuola di Chicago, e regolazionisti ortodossi, Burns e la Fed. Vince Friedman e la fazione favorevole alla libera fluttuazione della moneta statunitense sganciata dal gold standard. Il timing ora è della massima importanza. Nel maggio 1971 la Germania Occidentale lascia il sistema di Bretton Woods, istituito nel 1944 sulle ceneri delle «Potenze dell’Asse», lasciando fluttuare in modo incondizionato il marco tedesco. La situazione precipita e lo staff economico di Nixon si deve affrettare: per la potenza statunitense è giunto il momento di scegliere, poiché l’effetto sorpresa, e la velocità della decisione, rivestono la massima importanza. Nell’agosto 1971 Nixon annuncia improvvisamente alla nazione e al mondo intero che il dollaro statunitense non è più convertibile in oro, lasciando la moneta Usa libera di «ondeggiare» nel mercato dei cambi. Dopo circa 3.000 anni dal suo apparire, la moneta in Occidente perde il proprio ancoraggio ad un valore materiale oggettivo. E’ la prima volta nell’arco della civiltà occidentale, a parte i brevi momenti di sospensione causati dalle guerre e le brevi sperimentazioni, sempre rientrate a causa di fallimenti, avute nel corso della storia europea: la moneta compie così la metamorfosi definitiva, a cui probabilmente è destinata fin dalla sua nascita, diventando in tutta la sua filiera, dal globetto di metallo più o meno pregiato alle banconote, un puro simulacro del valore. Le domande che si pongono gli economisti sono numerose: La moneta orfana saprà reggersi, basandosi unicamente sul proprio essere simulacro? La moneta egemone, il dollaro, potrà camminare sul «vuoto»? La moneta è cresciuta a sufficienza per esprimere una propria maturità? La de-aurificazione monetaria è la situazione transitoria nella quale ci troviamo ancora oggi: un mix di monete sovrane, xeno, headless, post-sovrane che fluttuano in un mondo valutario senza cambi fissi, preda delle speculazioni e degli squilibri dei mercati. Le coordinate monetarie sulle quali muove l’analisi di Foucault non sono però legate alla stretta contingenza, ma sono intrecciate allo studio delle forze e degli effetti di queste forze nel dominio delle formazioni di sovranità collegato alle ricerche e alle analisi che si stanno sviluppando all’interno della Rizosfera. La moneta presa in considerazione da Foucault nelle lezioni che partono dal 10 febbraio 1971 al 10 marzo 1971 è, in modo sorprendente per molti ma non per i rizomatici, la moneta greca del VII e VI secolo a.c.; si tratta di quel periodo storico, sociale, economico e istituzionale in cui la moneta, intesa come misura greca, si trova ad essere il «cuore» di una «gigantesca pratica sociale e poliforme di stima, di quantificazione, di istituzione di equivalenze, di ricerca delle proporzioni e delle distribuzioni adeguate» (LVS, 148). Per Foucault, l’indagine riguarda l’ipotesi che la moneta costituisca uno strumento politico d’ordine atto a creare e garantire nuovi equilibri nel corso di profonde trasformazioni sociali: la moneta, dunque, non garantisce rapporti di sovranità, ma di dominazione. Affascinante il modo in cui Foucault introduce la moneta, al termine della lezione del 17 febbraio 1971, come ridistribuzione dei rapporti tra il discorso di giustizia e il discorso di sapere, e dei rapporti tra il giusto, la misura, l’ordine e il vero: “L’istituzione della moneta non è semplicemente una misura dello scambio, ma è stata istituita essenzialmente come strumento di distribuzione, di ripartizione, di correzione sociale” (LVS, 144).
( SEGUE QUI )


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