Verso la nuova terra: smontare e rimontare il meccanismo
4.13. - Parte XLIII -
Tratto da «Moneta, rivoluzione e filosofia dell'avvenire. Nietzsche e la politica accelerazionista in Deleuze, Foucault, Guattari, Klossowski» (Rizosfera/Obsolete Capitalism Free Press, 2016)
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Conseguentemente, il più grande errore per un rivoluzionario è pensare che la rivoluzione coincida con il proprio Io, con la propria persona, con il proprio nome nella Storia. Infatti coloro che «fanno fallire» la rivoluzione sono coloro che le attribuiscono scopi, che effettuano tagli d’arresto o che le permettono di continuare nel vuoto - “i tradimenti non attendono, ma sono là fin dall’inizio” (AE, 436). Viceversa, i lucidi rivoluzionari che si accorgono che vi sono gruppi i quali s’aggiudicano gli scopi prescelti dal proprio insieme chiuso, a quel punto di consapevolezza o sono costretti a intraprendere «vie di sganciamento» dalla rivoluzione stessa sviandola come processo e articolando in orizzontale la sua acefalìa; oppure sono costretti ad impedire il formarsi di sovranità «cupe» - creando una sorta di nuova antropologia rivoluzionaria - sottraendo ai nuclei sovrani in via di costituzione la stabilità e il punto di equilibrio attraverso la creazione di comunità insorgenti obliquamente a-centrate. Ecco dunque il senso della «sovranità rovesciata» di Deleuze e Guattari prima richiamato. Slittamento/biforcazione o sottrazione/squilibrio, questi sono i due compiti «insurrezionali» che si devono approntare rispetto alla rivoluzione stessa, piuttosto che contrastare resistendo al punto d’equilibrio della sedizione, cioè a un’idea di ritorno cieco. D’altra parte se pensiamo al «sedizioso» come a un individuo al di fuori del proprio Io, lo dobbiamo pensare come un soggetto «vuoto», il cui unico compito è connettersi a processi «rivoluzionari» preesistenti al proprio impegno e al proprio pensiero. Al pari di altri comportamenti coevi, questa connessione potrebbe funzionare come una catalizzazione positiva, accelerante e non inibente. Questa reazione con successiva fusione non porta però il singolo a rimanere inalterato nella sua stabilità, ma viceversa il processo catalitico accelerante lo trasforma radicalmente. Il fattore accelerante della reazione catalitica, quindi, riguarda ambedue gli ambiti: processo collettivo rivoluzionario e processo de-soggettivante individuale - Foucault chiosa - a questo proposito - che bisogna “sbarazzarsi del soggetto costituente, sbarazzarsi del soggetto stesso” (MP, 11). Se il desiderio vive perché non ha scopo, ritornando a Deleuze e Guattari, esso genera altresì effetti di accelerazione del processo rivoluzionario in senso materialista, non ideologico, intendendo qui per ideologia il processo politico guidato da funzionari di partito professionisti della rivoluzione. Non può esserci «creazione» se si ripetono i medesimi riti ideologici delle rivoluzioni precedenti, di cui rimane la stanca forma senza il dinamismo propulsivo. Bisogna impedire la serializzazione dell’insurrezione e la sua forma “mono e macro”. Infatti, come scrive Klossowski, “il senso di ogni grande creazione è di porre fine alle abitudini gregarie che guidano sempre le esistenze verso dei fini esclusivamente utili all’oppressivo regime della mediocrità; (...) la creazione cessa di essere un gioco al margine della realtà, il creatore ormai non ri-produce, bensì produce lui stesso il reale” (LCV, [II], 177). Si pongono sulla stessa linea Deleuze e Guattari - “reclamiamo i famosi diritti alla pigrizia, all’improduttività, o alla produzione di sogno e di fantasma, una volta di più siamo ben contenti, dato che non abbiamo cessato di dire il contrario, che cioè la produzione desiderante produce del reale” (AE, 438). Ogni produzione di Reale è in realtà una spaccatura, una breccia sul corpo della società, ma questa rottura avviene solo “per un desiderio senza scopo e senza causa che la tracciava e la faceva propria. Impossibile senza l’ordine delle cause, essa non diventa reale se non grazie a qualcosa d’altro ordine: il Desiderio, il desiderio-deserto, l’investimento di desiderio rivoluzionario. Ed è proprio questo a minare il capitalismo” (AE, 435). Non solo questa produzione di Reale nel deserto della subrealtà della circuitazione monetaria mina il capitalismo, ma fa saltare, e non certo come obiettivo secondario, la teoria della stato o qualsiasi teoria delle istituzioni derivante dalle lotte rivoluzionarie, in quanto la schizoanalisi, così come il pensiero di Nietzsche, Klossowski o Foucault, non propone rigorosamente «nessun programma politico», né per un gruppo, né per un partito, né per le masse, perché tutto ciò sarebbe iniquo e delirante (AE,437). Gli artefici dell’Anti-Edipo, così come gli artificieri della Rizosfera Klossowski, Foucault, Blanchot, Lyotard, sono consapevoli del compito negativo, violento, brutale della schizoanalisi - così come della genealogia, dell’archivio, della filosofia dell’avvenire, della dottrina del Circolo Vizioso: “defamiliarizzare, disedipizzare, decastrare, dafallicizzare, disfare teatro, sogno e fantasma, decodificare, deterritorializzare - un orrendo raschiamento, un’attività malevola” (AE, 439). Tutto questo Destroy, Destroy, significa innanzitutto ed essenzialmente liberare da ogni ostacolo il «processo», accelerare il processo, accelerare e distruggere, dato che il processo da accelerare è, come abbiamo visto, “la produzione desiderante secondo le sue linee di fuga molecolari” (AE, 439). E pazienza se qualcuno, negli anni trascorsi, o più recentemente, ha confuso la «fuga molecolare» con la «resa al molare», o se ha interpretato l’andare «ancora più lontano nel movimento del mercato» con il seguire mansueti e allineati la strategia mercantile di disarticolazione dell’esistente dato che il processo in natura è unico, o se ha pensato che si debba accelerare la corsa del turbocapitalismo affinché si schianti alla prima biforcazione, o - peggio ancora - si scambi il desiderio del consumo di merci e dell’auto-repressione, con il desiderio pulsionale di produzione del Reale, volto a modificare l’esistente e a liberare differenza. Lo si dica qui, una volta per tutte: il processo di decodificazione capitalista produce quantità astratte infinite - la moneta e la sua coppia di sintesi ripetitive e spettrali, il credito e il debito, guidate e sorvegliate dall’Assiomatica d’immanenza di sistema; il processo di decodificazione schizofrenico produce invece corpuscoli di potenza non manifesti, irradianti, incommensurabili - il desiderio, «lavorato» dalle pulsioni stesse, cioè dalle macchine desideranti. Si tratta di differenze di regime, non di natura: infatti i due aspetti del processo si toccano, ma non si confondono. Lo schizonomade rimane pur sempre al limite del capitalismo: ne è la tendenza sviluppata, così come ne è l’angelo sterminatore (AE, 36-38). Ma la produzione desiderante - pulsionale e celata - e la produzione sociale - monetata e astratta, sono le due differenze oggetto d’indagine della psichiatria materialista di Deleuze e Guattari. Non si tratta che di «modi di vita» e del Reale che vogliamo: il Reale Possibile contro il Reale Artificiale.
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