"Mi è sembrato che la follia sia stata un fenomeno di civiltà altrettanto variabile e fluttuante di ogni altro fenomeno culturale. E del resto è stato leggendo alcuni libri americani sul modo in cui certe popolazioni primitive reagiscono al fenomeno della follia che mi sono chiesto se non avrebbe potuto essere interessante vedere come la nostra cultura reagisce a tale fenomeno.
Ci sono civiltà che l’hanno celebrata, altre che l’hanno tenuta a distanza, altre ancora che l’hanno curata, ma ciò su cui ho voluto insistere è precisamente il fatto che curare il folle non è la sola reazione possibile al fenomeno della follia. Credo infatti che tra i folli vi siano altrettante persone interessanti di quante se ne tro- vano tra quelle normali, e che allo stesso modo se ne trovino al- trettante che sono poco o per nulla interessanti. Non esiste cultura senza follia, e quel che mi sono proposto di studiare è appunto il problema assolutamente generale dei rapporti che una cultura intrattiene con la follia, a partire dall’analisi di un caso preciso, va- le a dire quello delle reazioni della cultura dell’età classica a un fe- nomeno, quello della follia, che sembrava opporsi radicalmente al razionalismo del XVII e del XVIII secolo."
(cfr. Aut Aut n.351, Michel Foucault, pg. 7)
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