La sedizione delirante della «grande politica»
3.9. - Parte XXIX -
Tratto da «Moneta, rivoluzione e filosofia dell'avvenire. Nietzsche e la politica accelerazionista in Deleuze, Foucault, Guattari, Klossowski» (Rizosfera/OCFP, 2016)
.............................................................................................
.............................................................................................
Per articolare al meglio la figura del rivoluzionario chez Deleuze dobbiamo effettuare un salto all’indietro nel tempo, rispetto al periodo delle lotte degli anni ‘60 e ‘70. Nel maggio del 1957 Deleuze assiste al Collège de Philosophie di Parigi a una conferenza di Pierre Klossowski intitolata Nietzsche, le Polythéisme et la Parodie. Klossowski è reduce da un intenso periodo di studi nietzscheani, culminati nella pubblicazione di Le Gai Savoir (1954): la sua traduzione è ritenuta dall’intera comunità nietzscheana francese «magistrale». All’interno del celebre testo del 1957 c’è un passaggio che ci preme evidenziare perché Klossowski contrappone, attraverso la figura dell’«attore interprete di una rivelazione divina», istituzioni catecontiche e creazione artistica antinomica, inondante e perciò accelerata. Val la pena leggere tutto il passaggio klossowskiano nella sua completezza : “L’arte ha un senso assai vasto e, in Nietzsche, questa categoria comprende tanto le istituzioni quanto le opere di creazione disinteressata. Per esempio - e qui vediamo subito di che cosa si tratta - come ha considerato Nietzsche la Chiesa? La Chiesa è per lui costituita, più o meno, da una casta di impostori profondi, i preti. E’ un capolavoro di dominazione spirituale e c’è voluto un plebeo come quel monaco impossibile che è Lutero per pensare di abbattere questo capolavoro, l’ultimo edificio della civiltà romana che ci resti. Tutta l’ammirazione che Nietzsche ha sempre tributato alla Chiesa, al papato, poggia proprio su quella concezione per cui la verità è un errore e l’arte, errore voluto, è superiore alla verità: perciò Zarathustra confessa la sua affinità con il prete e, nella quarta parte, al momento dello straordinario raduno dei diversi tipi di uomini superiori nella caverna di Zarathustra, il Papa, l’ultimo dei Papi, è fra gli ospiti d’onore del profeta. E in questo senso, penso, ancora una volta si tradisce in Nietzsche la tentazione di prevedere una classe dirigente di grandi meta-psicologi destinati a prendere nelle loro mani i destini dell’umanità futura in quanto perfettamente esperti delle diverse aspirazioni dell’umanità e delle risorse per soddisfarle” (SF, 26). Come si può notare, già in questo testo l’autore fa balenare ciò che diventerà poi evidente nella sua opera del 1969, Nietzsche e il circolo vizioso, e nella traduzione dei Frammenti postumi 1887-1888 di Nietzsche (1976), ovvero che negli anni ‘80 dell’Ottocento Nietzsche stava iniziando a sistematizzare una concezione di «grande politica» che avesse per tema il circuito artistico, le istituzioni, le caste dominatrici, le masse gregarie e quell’oikonomia che si poteva concedere il lusso di un «surplus» di risorse per finanziare questa peculiare volontà di potenza. Come abbiamo visto nei precedenti capitoli, è solo attraverso l’edizione critica di Colli e Montinari che Klossowski appaga la propria implacabile sete di conoscenza in merito all’enigmatico «complotto politico, economico, istituzionale» dei forti dell’avvenire. Deleuze, nella sua lettera del 19/12/1969 a Klossowski, già immerso nel cantiere dell’Anti-Edipo, afferma “Penso spesso a Voi, poiché ho appena riletto il Vostro «Nietzsche». La mia ammirazione è totale, immensa. L’ho riletto perché avevo bisogno di parlarne in un libro che sto attualmente componendo. (Ho la sensazione che le pagine in cui parlo di Voi, siano le migliori)” (LAT, pos. 1069-70). Deleuze, infatti, recupera proprio dal Nietzsche di Klossowski il concetto di accelerazione dei processi di una comunità di irregolari che guastano i codici. In tal modo rafforza e prolunga l’ipotesi cospirativa di Klossowski-Nietzsche, incistandola in profondità nelle lotte reali degli anni ‘70. Per meglio valutare questa nuova alleanza, è di assoluto valore lo scambio di riflessioni e di prospettive che i due filosofi effettuano nel dialogo aperto che segue la conferenza Circulus Vitiosus di Klossowski a Cerisy-la-Salle nel luglio del 1972. Klossowski nel corso della conferenza riprende esclusivamente i due frammenti che già ha commentato nel libro del 1969, Nietzsche e il circolo vizioso, e che costituiscono il nucleo portante della sua opera: il 10 [17] e il 9 [153] - I forti dell’avvenire; è proprio leggendo I forti dell’avvenire, il 9 [153] che Klossowski afferma la centralità essenziale di tale testo definendolo come «il cuore del complotto» di Nietzsche (CV, 61). Penetrazione in profondità di un doppio cuore attraverso una doppia lettura: Klossowski rilegge il Nietzsche complottista alla luce del complotto schizo-nomade che Deleuze orchestra nel cuore accelerazionista dell’Anti-Edipo, cioè il passaggio finale di La macchina capitalistica civilizzata. Dopo la lettura del frammento 9 [153] Klossowski si domanda: “Che cosa diventa il comportamento nietzscheano, considerato nel contesto delle nostre inquietudini attuali, non più dal punto di vista della nozione di potenza ma dal punto di vista del circolo vizioso, inteso come figura di un giudizio nichilista formulato su qualsiasi azione?” (CV, 62). Le «inquietudini attuali», cioè il disagio giovanile, le lotte rivoluzionarie e la contrapposizione tra forze avverse, diventano la dimora per una riflessione sul «comportamento nietzscheano» rilevato però dal punto di vista del concetto dell’Eterno Ritorno - il circolo vizioso e non più dalla prospettiva del desiderio/volontà di potenza; tra le versioni dell’Eterno Ritorno a disposizione, Klossowski privilegia la «figura di un giudizio nichilista formulato su qualsiasi azione» - ovvero il peculiare atteggiamento parodistico che Nietzsche mantiene su tutto lo scenario della gestione economica planetaria e che acquista un suo particolare vigore e un’aggressiva baldanza nel periodo post-Zarathustra. “Ricorderò ancora una volta - afferma Klossowski ad un’attenta platea che comprendeva, oltre allo stesso Deleuze, Lyotard, Derrida, Calasso, Nancy, tra gli altri - l’evoluzione del pensiero dell’eterno ritorno. Questo pensiero, oggetto di contemplazione, diventa lo strumento di un complotto. E’ a partire da questo stadio che il dio circolo vizioso può essere concepito come la manifestazione di un delirio. Mi chiedo ora se questo comportamento possa diventare efficace in quanto figura delirante di un comportamento rivolto all’attualità, oppure se, in generale, ogni comportamento delirante costituisca ormai una resistenza efficace nei confronti di una determinata forza avversa” (CV, 63). Nietzsche, secondo Klossowski, passa da un puro atteggiamento contemplativo da osservatore biologico, grazie alla scoperta della legge dell’Eterno Ritorno, a un duro atteggiamento politico; cioè costruisce - utilizzando la terminologia deleuziana-guattariana - una propria macchina da guerra per trasformare la legge dell’Eterno Ritorno in un complotto che rovesci la dominazione attuale realizzatasi attraverso l’accentuato livellamento dell’uomo industrializzato. Ma perché il complotto è delirante? Per due motivi: il primo perché solo la doppia parodia del modello sociale vigente e del suo simulacro è sovvertitrice realmente di tutti i codici - la parodia e il delirio sono le critiche più potenti al potere, e paradossalmente anche le più politiche - in quanto deriva dal giudizio nichilista su qualsiasi azione politica, giudizio reso come riflessione ponderata e già acquisita; il secondo è legato alla concezione di «delirio» secondo l’aspetto rilevato da Deleuze e Guattari nella lotta rivoluzionaria post-68 - “Il delirio è la matrice in generale di ogni investimento sociale inconscio. Ogni investimento sociale mobilita un gioco delirante di disinvestimenti, di controinvestimenti, di surinvestimenti” (AE, 315) - il che vuol dire che il «delirio» klossowskiano - il radicale uscire dai solchi di ciò che è «stabilito» - coincide con le polarità deliranti presenti nell’Anti-Edipo, intese come incubatrici delle origini sociali della «schizofrenia» deleuziano-guattariana; se è delirante ogni investimento sociale, lo sarà a maggior ragione una cospirazione non più segreta ordita da una banda di dissidenti urbani inoperosi il cui scopo si realizza attraverso i mezzi del proprio manifestarsi. Si chiede Klossowski: può l’atteggiamento schizo-delirante raggiungere una propria efficacia nella situazione rivoluzionaria degli anni ‘70 e, allo stesso tempo, può avere un’efficacia di massima in ogni situazione che si verrà a determinare, così come sembra suggerire la legge «terroristica» del circolo vizioso? Il comportamento schizo-delirante che si presenta come forza affermativa, “resistente nei confronti di una determinata forza avversa”, è contingente o universale? Si vede bene dove Klossowski vuol portare il punto della discussione: il processo schizo-rivoluzionario è solo la versione politica attualizzata del Circolo Vizioso, oppure esiste un’identità generale coerente, perentoria, tra Processo, Circolo e Ritorno? O, per parlare come Guattari, L’anti-Edipo è una sorta di Eterno Ritorno Macchinico? Teniamo in sospeso queste domande e ritorniamo ora a Cerisy-la-Salle, seguendo il confronto tra i filosofi rizosferici. Klossowski prosegue affermando che “il pensiero dell’eterno ritorno, che abolisce le identità e priva gli atti del loro contenuto, si combina dunque con la preparazione di un complotto che prevede praticamente alcune sperimentazioni. Secondo Nietzsche, chi vuole il fine vuole anche i mezzi. Ora, la sperimentazione è essenzialmente l’atto, il genere di atti, che si riserva il privilegio di fallire. Il fallimento di un esperimento rivela più del suo successo. A livello di pathos [cioè di intensità] fallimento e successo si confondono nel gioco permanente degli impulsi. La sperimentazione principale tende al successo pratico di un complotto che non si conclude col conseguimento di uno scopo, ma col manifestarsi di una condizione segretamente dominante da sempre, che è ricercata e perseguita come un preteso scopo” (CV, 64). Quante assonanze - e alcune divergenze - con il Guattari di Colloquio a proposito di «L’anti-Edipo»: sperimentazione e desiderio, fallimento e intensità, scopi pretesi e condizioni di dominio. La liberazione del desiderio, l’accumulazione e poi il rilascio accelerato di energia rivoluzionaria, la rivolta contro la sovracodificazione dell’individuo, secondo Klossowski è un’attività sperimentale che non ha nessuno scopo, nemmeno il comunismo o l’anarchia; tale sperimentazione è solamente la manifestazione di un dominio segreto, il divenire senza scopo, frutto di un’intensità anti-gregaria, inassimilabile, libera da ogni codificazione futura e quindi senza istituzioni a venire. Qui c’è una marcata differenza dell’asse Klossowski-Nietzsche con Guattari: e con Deleuze? Per Klossowski, Nietzsche “dicendo «Chi vuole il fine, vuole anche i mezzi», parla contemporaneamente su due registri: quello della gregarietà, quello del caso singolare; quello degli individui identici a se stessi e quello del caso fortuito; quello del senso comune e quello del delirio. Ma quanto s’intende a livello del linguaggio istituzionale è immediatamente smentito a livello del pathos. Il fine, cioè il delirio, è inscritto nei mezzi” (CV, 64). Per ottenere il delirio, inteso come divenire rivoluzionario, bisogna delirare, ma non sarà un delirio artefatto, pianificato, strutturato. Sarà solo l’intensità del delirio a ottenere un delirio abdicante il proprio scopo, da ciò lo status di “grottesco e inquietante” registrato dal pseudo-programma anti-edipico, qualora venisse realizzato (AE, 437). Ecco di nuovo presentarsi i due piani che non s’intersecano: il «piano di organizzazione», genetico-strutturale, a cui appartiene certamente Guattari, e il «piano di consistenza» - dove si compongono “rapporti di movimento e di riposo, di velocità e di lentezza, fra elementi non formati, relativamente non formati, molecole o particelle trasportate da flussi” (CO, 96) - al quale Nietzsche e Klossowski sicuramente sono affiliati. Di nuovo: e Deleuze ?
( SEGUE QUI )