domenica 24 gennaio 2016

3.4. La parodia come critica corrosiva e la «parodia della parodia» - Parte XXIV - Tratto da «Moneta, rivoluzione e filosofia dell'avvenire. Deleuze, Foucault, Guattari, Klossowski e la politica accelerazionista di Nietzsche» (Rizosfera/OCFP, 2016)

La parodia come critica corrosiva e la «parodia della parodia»

3.4. - Parte XXIV
Tratto da «Moneta, rivoluzione e filosofia dell'avvenire. Deleuze, Foucault, Guattari, Klossowski e la politica accelerazionista di Nietzsche» (Rizosfera/OCFP, 2016)
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Klossowski, oltre a proporre approfondimenti alla schiera di rizosferici nietzscheani capitanati da Deleuze sulla patologia del rivoluzionario delirante, offre al convegno di Cerisy-la-Salle un altro importante argomento di discussione: le strategie e i nuovi modi di combattere che si possono desumere dai frammenti accelerazionisti di Nietzsche. Per Klossowski, Nietzsche “concepisce una nuova strategia e un altro modo di combattere. Mi sembra che andiamo sempre più - e qui mi richiamo a Deleuze - verso un’insurrezione anti-psichiatrica (...) cioè verso una specie di piacere nel diventare «oggetto d’indagine» degli psichiatri o dei medici; il caso patologico quindi si sentirà sempre più a suo agio nella misura in cui vivrà, s’imporrà, sconcertando l’indagine istituzionale in rapporto alla quale si produce (CV, 68). E’ a questo punto che Derrida chiede a Klossowski spiegazioni in merito al passo appena citato: “Porrei però la stessa questione [la richiesta di precisare meglio] sui termini «sconcertare» e «parodiare». Lei ha suggerito che la parodia potesse diventare politica ed essere in fin dai conti sconcertante…” (CV, 69). Il confronto tra i due si fa ora più serrato, e val la pena seguirlo nella sua interezza.
Klossowski: “Nella misura in cui «politica» significa «strategia», «comportamento»”.
Derrida: “Ma si può parodiare in qualunque modo? Non bisogna distinguere tra due parodie: da un lato una parodia che, col pretesto di sconcertarlo, fa il gioco dell’ordine politico vigente (il quale ama molto un certo tipo di parodia e vi trova la propria conferma); dall’altro una parodia che può effettivamente decostruire l’ordine politico vigente? C’è una parodia che segna effettivamente il corpo politico, in contrasto con una parodia che è invece una parodia della parodia, che si svolge alla superficie dell’ordine politico, importunandolo al posto di distruggerlo?”.
Klossowski: “Credo che «a lungo andare» niente possa resistere a questa parodia”.
Derrida: “Se si vuole «effettivamente» trasformare un ordine politico si può avere fiducia «nel lungo andare»?
Klossowski: “Il tempo necessario dipende dalla pressione esercitata e la pressione dipende di conseguenza da un contagio”.
Si aggiunge alla discussione Lyotard, finora rimasto in ombra:
Lyotard: “Per Nietzsche la parodia che Derrida chiama «parodia della parodia» consiste in una specie di risentimento verso il potere; essa non va oltre, è una condizione di mediocrità o debolezza nelle intensità. Per distinguerla dall’altra, credo che il criterio fondamentale sia legato alle intensità; ma non si può determinare in anticipo quale sarà l’effettività della parodia; per questo Nietzsche dice che ci vogliono sperimentatori e artisti, non persone che hanno un progetto e cercano di realizzarlo, questa è la vecchia politica, ma persone che fanno delle cose e vedono se c’è un’intensità che produce degli effetti” (CV, 69).

Come si nota chiaramente, la rizosfera nietzscheana si schiera: Klossowski, Deleuze e Lyotard da una parte, a favore del delirio, della sovversione parodistica, delle pulsioni e delle sperimentazioni, siano esse sociali, politiche, artistiche, senza uno scopo prestabilito; dall’altra parte un Derrida quanto mai concreto, lucido, meno incline ai temi speculativi dei propri avversari-alleati concettuali, ma pur sempre ostile all’«ordine politico vigente». Si tratta di due posizioni rivoluzionarie, seppur distanti: quella più classica e incline al socialismo per Derrida; quella più eterodossa e movimentista favorevole al nuovo, all’insurrezione senza vertici e mondata da ideologie usurate - in una frase, più incline alla rivoluzione acefala che si esprime tramite emissioni d’energia senza scopo né senso. Il problema dei problemi, per i teorici rizosferici, sarà come “ricondurre l’intenzione all’intensità” (NCV [II], 155). Nelle pagine dell’Anti-Edipo si trova una conferma molto netta dell’esautorazione del «progetto» e della conseguente «fase di realizzazione» da parte di Deleuze e Guattari: “Poi, soprattutto, non cerchiamo scappatoie dicendo che la schizoanalisi in quanto tale non ha rigorosamente alcun programma politico da proporre. Se ne avesse uno, sarebbe nello stesso tempo grottesco ed inquietante. Essa non si prende per un partito, e neppure per un gruppo, e non pretende di parlare in nome delle masse. Non riteniamo che un   programma politico debba essere elaborato nell’ambito della schizoanalisi» (AE, 437). Come per i frammenti accelerazionisti di Nietzsche, il tema e lo sforzo dei rivoluzionari futuri saranno quelli del «come occupare» il testo dellAnti-Edipo, di «come liberare il testo» affinché la sua meccanica e la sua energetica possano tornare utili alle lotte future: Chlebnikov docet.



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