martedì 12 gennaio 2016

2.4. Il ritiro del nazionalismo di sinistra dal mercato mondiale - Parte XII - Tratto da «Moneta, rivoluzione e filosofia dell'avvenire. Nietzsche e la politica accelerazionista in Deleuze, Foucault, Guattari, Klossowski» (Rizosfera/OCFP, 2016)

Il ritiro del nazionalismo di sinistra dal mercato mondiale


2.4. - Parte XII

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Tratto da «Moneta, rivoluzione e filosofia dell'avvenire. Nietzsche e la politica accelerazionista in Deleuze, Foucault, Guattari, Klossowski» (Rizosfera/OCFP, 2016)

Ritirarsi dal mercato mondiale come consiglia Samir Amin ai paesi del Terzo Mondo, in un curioso rinnovamento della «soluzione economica» fascista? Oppure andare in senso contrario? Cioè andare ancora più lontano nel movimento del mercato, della decodificazione e della deterritorializzazione? Forse, infatti, i flussi non sono ancora deterritorializzati, abbastanza decodificati, dal punto di vista di una teoria e di una pratica dei flussi ad alto tenore schizofrenico (AE, 272).


Può raccogliere il vessillo rivoluzionario la Sinistra rappresentata da Samir Amin, cioè una sinistra «terzomondista», non allineata, anti-capitalista, dominata dal paradigma economico dell’autosufficienza? Questa posizione dell’isolamento «nazionalista» dell’economista marxista franco-egiziano Samir Amin, caratterizzata dal «ritiro dal mercato mondiale», ricorda a Deleuze e Guattari un altro «nazionalismo economico», quello fascista degli anni ‘20 e ‘30 del Novecento. Un’altra opzione rivoluzionaria è dunque scartata, anche se, val la pena sottolineare, questa scelta del «nazionalismo di sinistra» è stata una soluzione economica che ha conosciuto un rapido successo internazionale nel secondo ’900 sull’onda di una veloce de-colonizzazione del cosiddetto Terzo Mondo. A questo punto, dopo aver scartato le ipotesi precedenti, Deleuze e Guattari pongono una domanda paradossale: e se si prendesse in esame di “andare in senso contrario?” Questa domanda causa un doppio effetto. Il primo effetto è di «tagliare fuori» alcune delle ipotesi classiche dell’«umanesimo rivoluzionario» europeo. L’ipotesi marxista classica, ad esempio, si trova subito ad essere eliminata: i partiti tradizionali della sinistra europea, comunisti, socialisti, socialdemocratici, non sono presi in considerazione come legittima «opzione» rivoluzionaria. Per non parlare del sindacalismo rivoluzionario, del riformismo radicale e dello spontaneismo anarchico. Pure le nuove formazioni politiche post-68 non vengono prese in esame, le cosiddette «piccole chiese». Neppure la lotta armata, dura e pura, insomma neppure l’ipotesi dello scontro frontale «nichilista» con il sistema è perorato. La domanda “Oppure andare in senso contrario?” brucia tutto l’Olimpo della sinistra europea, vecchia e nuova. Ma allora qual’è il campo che si apre andando «in senso contrario» all’opzione rivoluzionaria della soluzione economica marxista-nazionalista? Verrebbe spontaneo pensare, per coerenza logica, all’esatto opposto del «nazionalismo marxista». Ovvero l’opzione rivoluzionaria planetaria, se si accettasse lo stesso «piano d’immanenza» - lo stesso campo da gioco - del capitalismo globalizzato, o per usare i termini di Deleuze e Guattari, del capitalismo decodificato e deterritorializzato dei flussi monetari. Domanda: esiste già una teoria marxista o rivoluzionaria che si apre a una dimensione planetaria antagonista al capitalismo? L’unica possibile, e storicamente riconosciuta, è quella dell’internazionalismo proletario di Lev Trockij. Guattari ha avuto simpatie trotzkiste negli anni ‘50; Deleuze non ne ha mai subito il fascino. L’opzione di «rivoluzione permanente» o della Quarta Internazionale è sempre rimasta marginale nello scenario comunista continentale, e gli stessi Deleuze e Guattari sono refrattari a qualsiasi nostalgia «sovietica», seppur riveduta e corretta. Vediamo cosa afferma Guattari in proposito:
Ma nessuna tendenza rivoluzionaria ha saputo o voluto farsi carico del bisogno di un’organizzazione sovietica che avrebbe potuto permettere alle masse di assumere realmente la responsabilità dei loro interessi e del loro desiderio. Sono state messe in circolazione delle macchine, chiamate organizzazioni politiche, che funzionano sul modello elaborato da Dimitrov al VII congresso dell’Internazionale - alternanza di fronti popolari e di ritirate settarie - e che arrivano sempre allo stesso risultato repressivo. (...) Per la loro stessa assiomatica, queste macchine di massa si rifiutano di liberare l’energia rivoluzionaria. E’ una politica subdola paragonabile a quella del Presidente della Repubblica o dei preti, ma con la bandiera rossa in mano” (ID, 341-42). 
Quali chance può mai avere un turbo-trotzkismo nei confronti della «macchina capitalistica civilizzata»? Poi, sul versante politico rivoluzionario, Bronstejn non si è macchiato della repressione sanguinosa di Kronstadt e di altre efferatezze? Se azzeriamo il dato politico e prendiamo in esame il lato economico espresso dall’andare in senso contrario, può esistere una forza o una teoria economica alternativa al capitalismo che abbia la stessa «tensione» planetaria e la stessa volontà di potenza? Né la teoria neo-marxista di Suzanne de Brunhoff, né la teoria quantistica dei flussi di Bernard Schmitt - cioè le due riflessioni economiche analizzate nel paragrafo della Macchina capitalistica civilizzata - hanno questa forza e questa sistematicità; né la possiedono altre teorie come, ad esempio, quella riformista keynesiana. Dall’indagine esperita sulle ipotetiche opzioni rivoluzionarie ricaviamo dall’Anti-Edipo che nessuna risposta convincente è all’orizzonte della macchina analitica. Se dunque togliamo dal novero delle possibilità rivoluzionarie queste opzioni «storiche» quale rimane il «senso contrario» alla soluzione economica nazionalista marxista? Qui si apre il fondo speculativo del senso più profondo del passaggio «accelerazionista», ovvero il secondo effetto della domanda dell’andare in «senso contrario». Parrebbe a questo punto che, a costo di essere fraintesi, Deleuze e Guattari facciano balenare l’idea di «affiancare», da parte delle forze rivoluzionarie, l’economia di mercato nel movimento della «decodificazione» e della «deterritorializzazione». A quale scopo, si sono chiesti tutti gli studiosi e, in particolare, gli accelerazionisti? Che cosa possono condividere le forze della rivoluzione, antagoniste all’economia di mercato, con le forze del capitale? Quale strana alleanza si profilerebbe se si passasse in modo perentorio dal «ritiro dal mercato mondiale» alla coalizione pro-liberismo scatenato? Poi, che cosa sarebbe questa strana «teoria e pratica dei flussi ad alto tenore schizofrenico» che dovrebbe liberare ulteriormente le flussioni del mercato? E quali flussi liberare in particolare? Deleuze e Guattari, intendevano veramente questo esito «compromissorio» al proprio interrogarsi sulla rivoluzione del futuro?

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