martedì 5 gennaio 2016

1.5. Il dualismo politico dell’Anti-Edipo - Parte V - Tratto da «Moneta, rivoluzione e filosofia dell'avvenire. Nietzsche e la politica accelerazionista in Deleuze, Foucault, Guattari, Klossowski» (Rizosfera/Obsolete Capitalism Free Press, 2016)


Il dualismo politico dell’Anti-Edipo


1.5. - Parte V -



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Tratto da «Moneta, rivoluzione e filosofia dell'avvenire. Nietzsche e la politica accelerazionista in Deleuze, Foucault, Guattari, Klossowski» 
(Rizosfera/Obsolete Capitalism Free Press, 2016)


di Obsolete Capitalism
L’anti-Edipo è un oggetto politico irregolare che agisce e funziona come memoria ritmata di un dualismo politico che ci pare opportuno definire. L’anti-Edipo è il frutto maturo del quadriennio infuocato da che va dal 1968 al 1972, della crisi della «rivoluzione abortita» del Maggio ‘68 francese, del tradimento operato ai danni dei militanti e delle istanze rivoluzionarie da parte di agenzie di controllo quali istituzioni, partiti, sindacati. I due autori dell’Anti-Edipo giungono da mondi diversi: Guattari proveniva da alcune situazioni politiche e intellettuali molto definite: La voie communiste e il sottobosco dei gruppuscoli comunisti eterodossi che militavano politicamente alla sinistra del PCF, il lavoro alla clinica psichiatrica La Borde, i seminari con Lacan e, infine, la psicoterapia in proprio con pazienti schizofrenici; Deleuze, al contrario, era «leggero», non aveva nessuna collocazione politica (PP, 23-25) se non la partecipazione diretta all’attività del GIP, il gruppo di pressione politica iniziato da Foucault e Defert nel febbraio del 1971. Vediamo a questo proposito cosa afferma Deleuze del GIP, in quanto semplice militante, al momento della pubblicazione dell’Anti-Edipo: “Dopo il ’68 c’erano molti gruppi, di natura alquanto diversa, ma tutti inevitabilmente ristretti. Era il dopo ’68. Sopravvivevano, avevano tutti una storia. Foucault insisteva sul fatto che il ’68 per lui non aveva avuto molta importanza. Aveva già un passato di grande filosofo, ma non si portava dietro un passato da sessantottino. Senza dubbio è questo che gli ha aperto la possibilità di fare un tipo di gruppo tanto nuovo. E questo gruppo gli ha fornito una specie di uguaglianza con gli altri gruppi. Non si sarebbe fatto catturare dagli altri, mentre il GIP gli ha permesso di conservare la propria indipendenza di fronte agli altri gruppi come la Sinistra proletaria. C’erano continue riunioni, scambi, ma lui ha assolutamente mantenuto l’indipendenza totale del GIP. A mio avviso, Foucault è stato il solo non a sopravvivere a un passato, ma a inventare qualcosa di nuovo, a tutti i livelli. Il GIP era molto preciso, proprio come Foucault. È un’immagine di Foucault, un’invenzione Foucault-Defert. È un caso in cui la loro collaborazione si è rivelata intima e fantastica. In Francia, era la prima volta che si creava un gruppo del genere, che non aveva assolutamente niente in comune con un partito (c’erano dei partiti terribili, come la Sinistra proletaria), né con un’iniziativa (per esempio, le iniziative per rinnovare la psichiatria). Si trattava di fare un “Gruppo informazione prigione”, che era evidentemente qualcosa di diverso dall’informazione. Era una specie di pensiero-sperimentazione. C’è tutto un aspetto per cui Foucault non ha smesso di considerare il processo del pensiero come una sperimentazione. È la sua discendenza da Nietzsche. Non si trattava affatto di sperimentare sulla prigione, ma di cogliere la prigione come luogo in cui i prigionieri vivevano una certa esperienza che doveva essere pensata anche dagli intellettuali, per come li concepiva Foucault. Il GIP è bello quasi quanto un libro di Foucault. L’ho seguito con tutto me stesso, perché ne ero affascinato” (DRF, 224-25). Se dunque l’opera anti-edipica è il frutto dell’elaborazione in «presa diretta» di due militanti inseriti completamente all’interno delle lotte anti-repressive degli anni ‘70, L’anti-Edipo, allo stesso tempo, è figlio politico di «quarant’anni di sottosuolo», se possiamo parlare come Dostoevskij. Quarant’anni, circa, sono gli anni che separano L’anti-Edipo dalla rivista Acéphale di Bataille e Klossowski, i cui cinque numeri sono usciti tra il 1936 e il 1939; ai nostri fini tale rivista ha un’importanza cruciale in quanto inaugura, per prima e nel più completo isolamento intellettuale, una lettura di Nietzsche anticonvenzionale, dissacrante, rivoluzionaria e con un compito politico ben definito, seppure ambizioso e tempestoso allo stesso tempo: sottrarre Nietzsche e la sua filosofia all’abbraccio mortale dei fascismi europei degli anni '20 e '30. In questi quarant’anni di sottosuolo la figura chiave che in Francia fungerà da tedoforo tra l’ultima leva di intellettuali nietzscheani, Foucault e Deleuze, e la prima leva di sediziosi radunati intorno alla rivista di Bataille, Acéphale, sarà Pierre Klossowski. Afferma Deleuze in Pensiero Nomade, il testo breve più decisivo tra quelli vergati da Deleuze su Nietzsche, letto nel luglio 1972 in occasione del convegno su Nietzsche a Cerisy-la-Salle:
"C'è stato un momento in cui si è sentito il bisogno di dimostrare che Nietzsche era stato sfruttato, deviato, completamente deformato dai fascisti. E' questo che venne fatto nella rivista Acéphale, con la partecipazione di Jean Wahl, Bataille, Klossowski. Ma oggi tutto ciò non costituisce più un problema. Non è sui testi che si deve lottare. Non perché non si possa lottare sui testi, ma perché questa lotta è ormai inutile. Si tratta piuttosto di trovare, di assegnare, di raggiungere le forze esterne che danno a questa o quella frase di Nietzsche un senso liberatorio, un senso di esteriorità. E' a proposito del metodo che si pone il problema del carattere rivoluzionario di Nietzsche" (PN-NF, 316).


Ciò ci introduce al lato più sottovalutato e insondato del «metodo» Anti-Edipo come organon nietzscheano.


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